Claudia Liuzzi

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Massimo Guastella

Dagli inizi del secondo decennio di questo secolo millennio, Claudia Liuzzi, nella piena maturazione della sua vena artistico-visiva, associa le indagini sui materiali, continue e minuziose, alle emergenze liriche e rela zionali, certamente volte al radicamento alla terra d’origine, la Puglia soprattutto. Procedendo in una ricerca materica e spaziale intende narrare le “sue case’, riaffioranti ora dalla memoria ora dall’inconscio; tante case, per via delle migrazioni familiari, nessuna per soste definitive, quasi tutte desiderate. Case dell’anima, come aquiloni volano verso il sentimento più intimo.

Nei titoli si distinguono case di sogni infantili e adolescenziali, case in cui essere accompagnata, case promesse. Tutte insieme costituiscono la serie delle Caseaquilone, cui Claudia Liuzzi si dedica in particolare tra il finire del 2013 e gli inizi del nuovo anno. Le concepisce metafore delle sue referenze identitarie. In un unico processo visivo, che invalida ogni riferimento naturalistico per una coerente ricerca aniconica, da forma plastica con un’armonia di motivi che recupera attraverso perizia e sensibilità nell’uso di elementi diversi.

ll tempo della memoria e quello della psiche, che é corrente, defluiscono entro le stratificazioni adagiate sui supporti lignei, di contenute dimensioni 0 alternativamente di misura maggiore. Sperimenta accostamenti materici e insieme tracce di colore. Lievi carte riso, orditure di lino nero, brandelli di juta, scaglie di sughero, carta di seta, si sovrappongono e ispessiscono le Caseaquilone, ravvivandole con rilievi, prominenze, increspature.

Ecco che I’artista si muove mediante I‘emozione della pura astrazione a cui da fisicità con una tensione espressiva versatile. Crea case 0, direi, luoghi di effetto materico-informale determinati non meno da segni istintivi e colori disposti con una fluidità controllata. Si distinguono, tra altri, coaguli acrilici, taches rubino granate di vino pugliese, grumi di polvere rossa di bauxite o dorata di pietra leccese e finanche granellini di sabbie ferrose del Ticino, personalmente prelevati – come tutte le terre e le sabbie utilizzate – da quei luoghi per riferire della fanciullezza trascorsa in Svizzera, del suo destino di “terrena errante”, come lei stessa si definisce.

Questa sua ultima produzione plastico-pittorica di aggregazioni di immagini improvvise ambisce a uno stato di sintesi, tra ritorno alle radici e al contempo consapevolezza della sua crescita/emancipazione che s‘infittisce e propaga come fronde, pur resta legata a quelle cordicelle intinte nel colore, che non recidono le origini. E l’innalzarsi delle Caseaquilone, l’andare altrove suggerisce aspirazioni, l’immedesimarsi nella sua fantasia ricorrente: “Essere una casa aquilone, é ciò che ho sempre desiderato”.

Massimo Guastella